PLASMA IPERIMMUNE PER LA TERAPIA DELLA COVID 19
PLASMA IPERIMMUNE
Parlando di trattamenti
per COVID-19, nel corso degli ultimi giorni si è discusso, spesso,
dell’immunoterapia passiva con plasma
derivato da pazienti che sono guariti dall’infezione da SARS-CoV-2.
Che cos'è l'immunoterapia?
Il sangue si compone
essenzialmente di due parti: la parte solida e la parte liquida. La parte
solida è composta da tutte le cellule che si trovano nel sangue, ossia i
globuli rossi, i globuli bianchi e le piastrine. La
parte liquida del sangue è invece chiamata
plasma e svolge
la
funzione di trasportare una vasta gamma
di molecole,
fra cui le immunoglobuline (anticorpi), prodotte
dall’organismo in risposta ad un agente patogeno, per esempio un virus, che possono rimanere a
lungo nel flusso ematico della persona dopo la guarigione. Il
trasferimento di plasma da una persona guarita da COVID-19 potrebbe, quindi, aiutare a
neutralizzare il virus nel
sangue dei pazienti malati e/o ridurre
le probabilità che l'infezione peggiori.
Una
prima
revisione sistematica ha analizzato gli studi disponibili al 19 aprile
2020: in tutto sono cinque. Le conclusioni, che gli autori stessi definiscono
basate su evidenze limitate, si possono riassumere nei seguenti punti:
in quasi tutti i pazienti si è avuto la
eliminazione del SARS-CoV-2 e l'infusione di plasma donato da soggetti guariti
può ridurre la mortalità nei pazienti critici.
A questo proposito, il
14 maggio scorso la
Cochrane, una delle più importanti organizzazioni
internazionali di validazione di documenti scientifici e pubblicazione di
documenti di sintesi e revisioni sistematiche, ha pubblicato una
revisione dal titolo
Convalescent
plasma or hyperimmune immunoglobulin for people with COVID‐19: a rapid review. (Plasma da convalescenti o immunoglobuline iperimmuni per
persone con COVID19: una rapida revisione).
La revisione prende in esame
sia studi svolti su un numero limitato di
pazienti che disegni di ricerca più
complessi,
come i trial
randomizzati e controllati (RCT) ancora
in corso.
Fra questi, il recente
trial di Bennett-Guerrero et al ha
lo scopo di valutare se la trasfusione di plasma sanguigno contenente anticorpi
contro COVID-19 (anti-SARS-CoV-2), donati da pazienti guariti dall'infezione, è
sicura e può essere efficace nel trattamento dei pazienti ospedalizzati con
COVID -19. Questo studio prevede l’arruolamento di 500 pazienti con un gruppo
di controllo.
Il breve periodo intercorso fra l’inizio della
pandemia e il trattamento preso in esame fa sì che le
prove attualmente disponibili sulla
sicurezza ed efficacia dell’utilizzo del plasma e delle immunoglobuline
iperimmuni nel trattamento delle
persone con infezione da SARS-CoV-2 abbiano ancora un
grado di certezza molto limitato. Tuttavia, i risultati principali, inclusi gli studi
che hanno riferito la sopravvivenza di tutti i pazienti al termine
dell’intervento supplementare, hanno riportato un miglioramento clinico.
In Italia. Il
documento della
Italian Society
for Transfusion Medicine and Immunohematology – SIMTI - e dell’
Italian Society of Hemapheresis and Cell
Manipulation– SidEM - descrive i
requisiti che devono avere i
donatori, le
modalità di
raccolta del
plasma, i
tempi per la
somministrazione e i
possibili
eventi avversi.
La maggior attenzione è ovviamente rivolta ai
pazienti con un’infezione documentata da SARS-CoV-2 che si offrono
volontariamente, previo consenso informato, a sottoporsi a procedure per la
raccolta di plasma specifico per la terapia di gravi infezioni da SARS-CoV-2,
naturalmente seguendo tutte le direttive in vigore a livello nazionale. Secondo
queste indicazioni, il soggetto con pregressa infezione da SARS-CoV-2 può
effettuare la
donazione dopo
almeno 14 giorni dalla guarigione clinica (nessun sintomo)
e
dopo almeno due test NAT (Nucleic Acid
Test, test che identifica l’eventuale presenza del virus) risultati
negativi su tampone rinofaringeo e su siero/plasma, eseguiti a distanza di 24
ore, dopo la guarigione o prima della dimissione se ricoverato in ospedale; non
è obbligatorio (e non richiesto dalla maggior parte dei protocolli in atto) un
ulteriore test NAT negativo, eseguito 14 giorni dopo il primo; è richiesto un
titolo sierico adeguato di
anticorpi
specifici neutralizzanti (1) (>160
con metodo EIA o con altri metodi equivalenti). Ovviamente queste persone sono
selezionate per donare plasma iperimmune perché sono pazienti convalescenti
COVID-19.
Gli autori del documento sottolineano che è
possibile che un numero elevato di
persone che sono
guarite da un'infezione asintomatica (o da una malattia con segni clinici minori), possa
diventare una
fonte
rilevante di plasma iperimmune dopo
aver dimostrato con i test sierologici la presenza di un titolo anticorpale
>160 con metodo EIA (o equivalente con altri metodi). Dato che essi sono
donatori di sangue in maniera regolare, sono pienamente conformi ai criteri di
selezione per la donazione di plasma dopo che sia passato un intervallo
adeguato (28 giorni) dalla risoluzione dei sintomi. Il loro
reclutamento potrebbe facilmente essere effettuato
mediante uno screening per SARS-CoV-2 (eventualmente seguito da una titolazione
dell'anticorpo) nella popolazione di donatori al momento della donazione. Ciò
consentirebbe inoltre di avere un quadro epidemiologico al di fuori del
contesto di una grave malattia clinica che porta al ricovero in ospedale.
Al fine di valutare l’efficacia e il ruolo del
plasma ottenuto da pazienti guariti da Covid-19 con metodica unica e
standardizzata, l’Istituto superiore di sanità e l'AIFA stanno avviando uno
studio multicentrico nazionale randomizzato e controllato che ha come centro
capofila l’Azienda ospedaliero-universitaria pisana.
(1)
Anticorpo che inattiva un
agente infettante (virus) o tossine o enzimi.